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  • Immagine del redattoreGabriele Torricelli

Endometriosi: un cambio di prospettiva



L’endometriosi è una malattia molto diffusa. Il ritardo diagnostico (7-10 anni) è dovuto alla convinzione che sia naturale avere dolori mestruali e alla mancanza di segni obiettivi nell’endometriosi iniziale. Questa dà sintomi sovrapponibili a quelli dell’endometriosi infiltrante, ma nessuna indagine attualmente ci permette di fare diagnosi. Se aspettiamo i segni perdiamo anni preziosi durante i quali la malattia progredisce fino ad imporre terapie chirurgiche mutilanti. L’unico modo che abbiamo per individuare la malattia all’esordio sta nel dedurla dai sintomi: ascoltare la paziente e comprendere che i suoi sintomi necessitano di una terapia immediata. 

Nel 2014 l’ESHRE ha pubblicato nuove linee guida sull’endometriosi. Alla voce “diagnosi di endometriosi” si raccomanda:1) la diagnosi va sempre considerata in presenza di sintomi ginecologici quali dismenorrea, dolore pelvico cronico, dispareunia profonda, infertilità e astenia; 2) la diagnosi va sempre considerata nelle donne in età fertile con sintomi non ginecologici ciclici quali discrezia, disuria, ematuria e sanguinamento rettale, mal di schiena; 3) possiamo fare diagnosi di endometriosi nelle donne con sospetta malattia, anche nel caso di esame clinico normale. L’ESHRE dice chiaramente che un’istologia negativa non può escludere la presenza di malattia. L’endometriosi è dovuta alla migrazione per via tubarica di tessuto endometriale in organi confinanti (mestruazione retrograda). Ad ogni mestruazione il tessuto ectopico sanguina, creando aderenze e flogosi. 

ll cambio di abitudini e di stile di vita giustifica l’aumento di incidenza di questa patologia: più mestruazioni abbiamo, maggiore è il rischio di endometriosi. Già nel 1953 Meigs diceva: “Donne, abbiate gravidanze e guarirete dall’endometriosi!” Oggi il numero di gravidanze si è molto ridotto. Perciò sono aumentati i cicli mensili e di conseguenza il rischio di malattia. Tutte le donne svolgono attività fisica durante il periodo mestruale: ciò aumenta la probabilità di mestruazione retrograda. Proponiamo alle nostre pazienti un salto indietro di un secolo? Non sarebbe fattibile! Parafrasando Meigs oggi dovremmo dire: “donne, eliminate la mestruazione e guarirete dall’endometriosi”. Da anni consiglio una pillola contraccettiva a base di solo progestinico. È chiamata minipillola perché manca la componente estrogenica. È a basso costo, priva di effetti collaterali (l’OMS la consiglia in tutti quei casi in cui la terapia classica E/P sia controindicata), dà una contraccezione sicura ed elimina il ciclo mestruale. Molte donne sono riluttanti a rinunciare ad un evento che considerano il simbolo stesso della loro fertilità e femminilità. Nonché un inequivocabile test antigravidanza.

Le domande di tutte: si possono creare danni alla salute o alla futura fertilità? Perché sfidare le leggi della natura? Ma il ciclo non rappresenta una maniera per ripulirsi? Dove rimane poi tutto quel sangue che non viene giù? Senza il ciclo ingrasserò, avrò vampate come se fossi in menopausa? Cerco di far capire che l’eliminazione del ciclo non è assolutamente un evento contro natura. Anche in questo caso ci vengono in aiuto le linee guida ESHRE sul trattamento farmacologico dell’endometriosi: 1) informare le pazienti che la loro sintomatologia è presumibilmente riconducibile all’endometriosi ed iniziare un trattamento empirico con adeguata analgesia, combinando contraccettivi ormonali combinati o progestinici; 2) considerare, in ogni caso, le preferenze della paziente, gli effetti collaterali, l’efficacia e il costo del trattamento ormonale; 3) il contraccettivo ormonale combinato si può usare anche in via continuativa, perché questa è più efficace nelle donne che soffrono di dismenorrea intensa. Eliminando il ciclo mestruale si elimina la causa della malattia e del suo peggioramento. Ma occorre essere tempestivi: se ricorriamo alla terapia medica soltanto quando la malattia è visibile alle attuali tecniche diagnostiche, perdiamo quegli anni fondamentali per evitare alle donne una vita inebetita dal dolore, una storia infinita di (ab)uso di antidolorifici, per approdare infine ad un intervento chirurgico invasivo, quasi mai definitivo e molto spesso invalidante; le donne con endometriosi al IV stadio subiscono tre, cinque interventi consecutivi, senza mai guarire perché la malattia non si può debellare completamente e, ad ogni mestruazione, si ripresenta. La chirurgia dell’endometriosi ha un tasso altissimo di recidive (63%). La mia esperienza: mi occupo di endometriosi da trent’anni. Da specializzanda vedevo tante donne affette da “coliche addominali di n.d.d” che venivano trasferite dal Pronto Soccorso. Mi colpiva la ciclicità del dolore: l’addome acuto si presentava sempre in periodo mestruale o in fase periovulatoria. E soprattutto, dopo un giorno di terapia antidolorifica, il dolore si attenuava e poi passava completamente. Da circa vent’anni, in presenza di sintomi sospetti per endometriosi, uso una pillola contraccettiva a base di solo progestinico (desogestrel 75 mcg). È una pillola che elimina il ciclo mestruale e, con esso, tutti i sintomi dell’endometriosi. I risultati sono eccezionali!


Conclusioni Per debellare questa malattia è indispensabile coordinare i nostri sforzi: la donna deve sapere che non è normale perdere ogni mese giorni di scuola o di lavoro a causa del ciclo, il medico di famiglia deve fare adeguata informazione e i ginecologi devono aggiornarsi. La dismenorrea non è un dono che madre natura ha fatto alla donna! Essa va sempre indagata e trattata, anche in assenza di segni. L’endometriosi può essere curata con adeguata terapia medica solo se la diagnosi è tempestiva. Ho il privilegio di seguire da anni i congressi nazionali ed internazionali sull’endometriosi: non c’è accordo tra gli addetti ai lavori sulle modalità di trattamento della malattia. Il risultato è che la donna è spesso disorientata. Diventa quindi fondamentale la corretta informazione.


Dott.ssa Maria Celeste Esposto

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